FIGINO ESTATE 1962

Avevo 10 anni quando sono arrivato a Figino. Figino un posto strano, misterioso, lontano, scomodo e sopratutto di passaggio.

Si, i miei genitori si erano trovati in difficoltà da quando mio padre ormai anziano aveva iniziato ad ammalarsi e a non poter lavorare, i soldi non bastavano per tirare avanti e per pagare l’affitto. Non rimaneva che lo sfratto e, a quiei tempi, inevitabile era la sosta nelle “case segli sfrattati” a Figino, prefabbricati poco invitanti.

L’assegnazione di una casa popolare, allora si chiamava “IACP” (istituto autonomo case popolari) era solo questione di tempo. Mia madre mi iscrisse alla scuola elementare “Ippolito Nievo” di Figino 4 elementare, con la mitica Sognorina Della Rovere, chiedete ai vecchi figinesi la ricordano tutti, un’istituzione per tutti bimbi di quei tempi, più di una maestra, moderna e innovatrice, molto esigente e risoluta.

Tracorsi l’anno più bello della mia vita, che in un certo senso mi ha segnato profondamente, io sono solito dire che Figino mi ha modificato i cromosomi

Un’estate nei campi con gli anici a raccoglete frutta sugli alberi, l’uva, i fichi, le pannocchie e…rubare le fragole, sapete che Figino era detto il paese delle fragole? per via che la produzione di Figino era presente su tutte le tavole dei Milanesi. Non c’era angolo di Figino che non avevamo perlustrato

Con la bicicletta in giro per le cascine a vedere gli animali, la nascita dei vitellini, mungere le mucche, raccogliere le uova, fare visita agli artigiani, alla bocciofila per scroccare una spuma, all’oratorio per giocare a bigliardino o a pallone e per la “stringa da 10 lire”, fare il bagno in mutande nelle rogge e nei fontanili. Pomeriggi domenicali ad ascoltare ciò che arrivava dagli atltoparlanti dal vicino stadio di San Siro, il dirigibile della Goodyear, le formazioni, la pubblicità. Ricordo anora a menmoria la formazione dell’Inter di quell’anno.

Mia mamma tutto il giono fuori a lavorare ed io a badare a mio padre, Un padre anziano, una bella storia d’amore quella tra mio padre e mia madre con una differenza di 30 anni di età, fiorentino mio padre, socialista e antifascista, “battezzato nella fonte battesiamle dove è stato battezzato Dante, diceva sempre con orgoglio toscano”, altostesina mia madre di origini contadine e montanare la classica Bäuerin, non ricordo di aver mai visto nessuno amarsi come loro.

Mio padre si aggravava ogni giorno di più, in quelle casette prrefabbricate degli sftattati non si viveva bene, ma quando si seppe in giro che il mio “babbo” era malato ecco che Figino mostrò tutta la sua forza e generosità.

Mezza gallina “per fere il brodo a tuo paadre” 4 uova di oca, un conoglio, zucchine e verdure lasciate ogni giorno da mani generose davanti l’uscio di casa, ricordi indelebili di un ragazzino di 10 anni che non rinunciava alla sua libertà al suo desiderio di conoscere, di imparare e di crescere, ma che non veniva meno ai suoi impegni di scuola e di famiglia.

Quando arrivava il Dottor Maiuri (Leonardo il papà di Sergio l’attuale medico di base a Figino) correvo ad aprirgli il cancello quando arrivava con la sua fiammante 600 grigia con le portiere controvento. La valigetta sul tavolo lo stetoscopio e il blocco delle ricette, la prescrizione: Coramina con efedrina per sostenere il cuore malato, l’asciugamano pulito per asciugarsi le mani dopo la visita e le immancabili quattro chiacchere di politica, di cronaca, di sport (tema principale la Juve e la Fiore) e poi via per una nuova visita.

Una mano passata fra i miei capelli e la solita frase: “devi fare le tonsille”

Un anno denso di episodi e di ricordi che mi hanno spinto a ritornare a Figino quando mi si è presentata l’occasione. Ho ritrovato vecchi compagni di scuola le cascine i luoghi dove noi ragazzini facevamo le nostre scorribande… altri tempi ma ogni giorno ripensandoci mi rivedo bambino.

Dopo 60 anni ho ritrovato il Dottor Leonardo (ultra 90enne) lucidissimo che si ricorda perfettamente di quegli episodi e con lui ho riaperto i cassetti della memoria.

A casa mia non è mai mancato il castagnaccio, il “migliaccio” come usano dire i fiorentini forse il dolce più povero della nostra tradizione, farina di castagne acqua olio di oliva, talvolta i pinoli, e spesso il rosmarino. Sento ancora il profumo…. e come era buono!!!

E chiunque veniva a casa mia non poteva rifiutarsi di assaggiarne un pezzo di “migliaccio” preparato dalle mani di mio padre fiorentino doc. Tutti, il Dottor Maiuri compreso!

“Dottor Maiuri poi le tonsille non le ho mai fatte”